Denaro e spiritualità. L’idea di lavorare sul tema “relazione con il denaro” ha avuto origine all’interno delle supervisioni con Piero Ferrucci. Lavorandoci su ho potuto sperimentare nel concreto i molti benefici che possono essere ottenuti investendo tempo ed energie nella trasformazione delle subpersonalità e nel cambiamento delle credenze coinvolte nella relazione con il denaro.
Specialmente nelle culture occidentali, infatti, il denaro è molto presente nel quotidiano delle persone, con importanti ripercussioni sulle credenze e sulla qualità della vita.
Durante una delle suddette supervisioni Piero Ferrucci mi invitò alla lettura del capitolo “denaro e spiritualità” presente nel testo “Lo sviluppo transpersonale” di Roberto Assagioli (Ed. Astrolabio, 1988). A seguito della raccolta di alcune sintesi tratte da queste pagine sono nate numerose occasioni di riflessioni e non per ultimo questo articolo, che contiene anche elementi elaborati insieme alla collega Valeria Uga.
Denaro come risorsa o come sterco del demonio?
Ancora oggi ci sono molti preconcetti, pregiudizi e stereotipi riguardo alla spiritualità, “ma spiritualità non consiste in teorie ed astrazioni; non è idealismo separato dalla realtà” (pag. 181). Inoltre per muoversi agevolmente sul piano spirituale (o transpersonale) sarebbe auspicabile la preliminare conquista di un equilibrio psicologico sufficientemente buono: nel nostro animo potrebbero essere presenti traumi, ricordi spiacevoli, condizionamenti, ecc., tutti potenziali ostacoli ai fini della sana relazione con noi stessi, con gli altri e con il denaro.
Assagioli: “se osserviamo noi stessi con quella coraggiosa sincerità che è condizione essenziale di una vita spirituale degna di tal nome, ci accorgiamo che il pensiero del denaro suscita in noi profonde ed intense risonanze, un tumulto di oscure emozioni, di reazioni appassionate (…)” (pag. 182). Vi troveremo così “un torbido fiotto in cui sono frammiste correnti di paura, di desiderio, di avidità, di attaccamento, sentimenti di colpa, di invidia, di risentimento..” (pag. 189).
Keyserling e la paura originaria
Più oltre Assagioli cita il concetto di “paura originaria” teorizzato da Keyserling: “questa paura non si riferisce alla morte, ma alla carestia, cioè alla mancanza del cibo necessario alla sopravvivenza, da cui l’istinto di sicurezza come fondamento dell’istinto di proprietà” (p. 183), al quale Assagioli preferisce il concetto di “avidità originaria”, che è associabile anche al significato di “principio motore di ogni crescita (…) e la crescita per sua essenza aspira all’infinito” (ivi).
Denaro e ombra: in cash we trust?!
Nelle pagine successive Assagioli dedica alcune righe anche ad alcuni elementi che possono essere presenti nelle parti più noir dell’ombra umana: “se potessimo renderci conto della somma dei delitti, dei tradimenti, dei furti, delle prepotenze, delle prostituzioni fisiche e morali, di bassezze di ogni genere, più o meno larvate, che gli esseri umani commettono per l’esecranda avidità di denaro, ne saremmo profondamente turbati, anzi atterriti” (pag. 184).
Vi sono ovviamente anche esempi virtuosi: Gesù che ammonisce con parole e gesti forti circa gli ostacoli che le ricchezze materiali possono apportare al percorso spirituale; Buddha che abbandona le ricchezze terrene per aiutare l’essere umano a liberarsi del dolore; San Francesco e la drammatica rinuncia alle ricchezze familiari.
Le tre domande di Assagioli
Continuando nella lettura Assagioli ci pone tre importanti quesiti: 1) dal punto di vista spirituale, sono giusti e necessari atteggiamenti come la demonizzazione del denaro? 2) per vivere in modo spirituale è davvero necessario condannare il denaro? 3) e se così fosse, è attuabile un tal modi di vivere ai nostri tempi?
Già alcuni decenni dopo la morte di San Francesco le comunità francescane si resero conto che non era possibile una vita regolare nei conventi senza maneggiare/possedere denaro e senza possedere edifici, terreni, ecc. Si creò così una sorta di scisma tra una corrente che voleva mantenere la regola della povertà assoluta e una che chiedeva di aggiornarsi rispetto alle necessità connesse con la vita moderna.
Prevalse la seconda linea poiché molto probabilmente fu compreso che il problema non sta nel maneggiare e possedere del denaro, ma in ciò che questa attività muove dentro di noi. In questa prospettiva la relazione con il denaro può essere l’occasione per trasformare le parti meno desiderabili di noi stessi, parti grezze che, in assenza di un livello sufficientemente buono di disidentificazione e di trasformazione, esprimeranno le loro brutture anche in altre circostanze.
Alcune questioni fondamentali
Assagioli continua con il porre due questioni fondamentali: 1) il disprezzo per il denaro può diventare una comoda maschera alla pigrizia, alla debolezza e alla viltà, da cui il parassitismo individuale e collettivo (rifiuto del denaro come alibi); 2) nell’Antico Testamento le ricchezze e le proprietà erano considerate segni di favore di Dio come premi per una condotta giusta e retta. All’opposto povertà e avversità come effetti di castigo divino, un fenomeno simile a quello a cui si fa riferimento nella filosofia buddista nei termini di “legge di causa ed effetto”.
Ma eccessi e abusi non giustificano la condanna spirituale e la rinuncia pratica al “retto uso” del denaro: “il retto uso richiede una certa forma di possesso e attivi scambi di quei beni tra esseri umani (…) il denaro è, se non il solo, certo il più pratico e, almeno nelle attuali condizioni indispensabile” (pag. 186).
Se infatti è auspicabile promuovere la realizzazione di una società evoluta nella quale sarà possibile fare a meno del denaro, si pensi al caos che nella società attuale saremmo costretti a fronteggiare senza la possibilità di stabilire con modalità matematiche il giusto valore economico di un bene altrimenti scambiabile soltanto con altri beni e quindi a seguito di lunghe ed estenuanti contrattazioni (es. metodo del baratto).
Possesso del denaro e virtù
Assagioli: “un altro elemento nella concezione favorevole ai possessi è quello che in molti casi l’acquisto di beni è realmente frutto di operosità, di previdenza, di risparmio, di disciplina e di altre virtù morali” (pag. 186). Il possesso del denaro, infatti, non è qualcosa di sbagliato, specie se questo possesso non influenza negativamente le coscienze e l’ambiente nel quale viviamo.
Vi è infatti un utilizzo virtuoso del denaro, il quale può essere utilizzato anche ai fini evolutivi. Secondo Assagioli il problema risiede molto spesso nella formulazione dell’enunciato: si proietta sul denaro l’etichetta “buono”o “cattivo”, “ma il denaro è semplice strumento di scambio, un simbolo dei beni materiali (…) quindi le accuse che si muovono verso il denaro dovrebbero essere respinte al mittente, cioè all’uomo (…) è nell’animo dell’uomo che stanno verità ed errore, bene e male, merito e colpa” (pag. 187).
Secondo Assagioli il primo malinteso sta nello scambiare il mezzo con il fine, il simbolo con la realtà che esso rappresenta. “L’avarizia fa letteralmente perdere l’anima (…) la prima cosa da fare, sul piano spirituale, è liberarci della sopravvalutazione del mezzo, dello strumento di possesso e di scambio dei beni terreni (…) eliminato questo primo ostacolo possiamo passare alla risoluzione del problema sostanziale: quello dei nostri rapporti con l’insieme dei beni materiali di cui il denaro non è che un simbolo o un sostitutivo temporaneo” (pag. 188).
Volontà e condizionamenti
Il problema risiede dunque nell’atteggiamento che abbiamo verso il denaro e dall’uso che vogliamo e possiamo farne attraverso la nostra libera scelta. La mancanza di possessi esterni infatti non risolve in alcun modo le problematiche esistenziali umane: nella vita moderna il povero desidera fortemente i beni materiali e pensa continuamente a procurarseli. Tuttavia “egli può migliorare la sua condizione senza lasciarsi assorbire/ossessionare e mantenendo la propria libertà interna e la propria dignità” (pag. 189).
Secondo Assagioli dunque la soluzione al problema sta nel retto uso del denaro, che possiamo realizzare sia sul piano individuale (nei termini di rinuncia al possesso quale diritto personale) che collettivo. In questa prospettiva “la proprietà non è più un diritto personale, bensì responsabilità verso Dio e gli uomini” (pag. 189), dove l’uomo è depositario, amministratore (vedi anche la celebre “parabola dei talenti”).
Ma “il desiderio di possesso va conosciuto e gestito con cura: non sono cose che possiamo pensare di uccidere o di reprimere violentemente” (pag. 189). E solo chi ha cercato di cambiare la propria personalità e le proprie abitudini senza tenere conto di queste preziose parole conosce quali sono i risultati che una condotta tanto scellerata può produrre!
Possesso del denaro, dunque, come vera e propria prova alla quale l’essere umano è sottoposto: una responsabilità ardua a sostenere degnamente. Infatti nel mondo ci sono esempi assai virtuosi di utilizzo di grandi somme di denaro trasformate in beni comuni: 1) soprattutto eliminando sprechi e sperperi egoistici, la vita lussuosa, l’ostentazione di oggetti di alto prezzo, tutte cose che irritano ed esasperano coloro che mancano del necessario e 2) investendo le proprie ricchezze in imprese che producano e moltiplichino i beni utili ad altri uomini ed utilizzare la maggior quantità di utili ad opere umanitarie, soprattutto ai fini della elevazione morale e spirituale dell’uomo (pag. 192).
Questo utilizzo saggio del denaro contribuirebbe non poco a combattere le cause profonde, le radici dei mali di ogni genere che travagliano l’umanità, poiché 1) ogni uomo moralmente rigenerato costituisce un pericolo in meno e un elemento attivo di bene in più nella società e 2) in quel modo si elargiscono agli uomini le ricchezze più nobili e più durevoli, quelle che arrecano più alto e sostanziale conforto, più pura e vivida gioia (ivi).
Ricchezze materiali e volontà buona
Le ricchezze materiali possono infatti essere smobilizzate e investite ai fini della promozione del bene morale e spirituale degli uomini.
In questa prospettiva Assagioli propone alcuni esempi quali la pubblicazione e la diffusione: 1) di libri buoni, che considera veri e propri “accumulatori di energie spirituali” (dimostrando così di conoscere la legge delle forme e della risonanza con le energie presenti nell’universo); 2) di stampa che possa dare energia anche agli eventi positivi che accadono (dimostrando così di conoscere le leggi che regolano il funzionamento degli archetipi); 3) di filmati, trasmissioni televisive e radiofoniche ad alto contenuto evolutivo (la fine di diffondere messaggi a valenza spirituale di cui l’umanità è così assetata).
Ma anche centri di aiuto psicologico e spirituale, consultori educativi per genitori e figli, istituti per giovani particolarmente dotati e molto altro ancora.
Denaro e vita spirituale.doc – dispensa da scaricare (Archivio Assagioli – Firenze)
Dott. Alessandro Gambugiati
psicologo psicoterapeuta docente scrittore
Firenze, via delle Torri 34/c
Prato, viale della Repubblica 153
3285390990 www.alessandrogambugiati.net
Lascia un commento