Durante questi mesi estivi mi sono stati consigliati molti libri da leggere. Alcuni di questi hanno rappresentato momenti importanti di approfondimento studio, altri semplicemente parentesi di svago e leggerezza. Ma uno tra tutti ha catturato la mia attenzione tanto da rapire il mio cuore fino ad arrivare alle lacrime….. per questo vorrei regalare un piccolo frammento di quella che per me è stata una lettura importante.
Dal libro di Frank Ostaseski , “Cinque inviti” edizioni Mondadori.
“……Non confondiamo il perdonare con il dimenticare. Temiamo che , se perdoniamo, dimenticheremo, e dunque tutto potrebbe ripetersi. Però, per beneficiare della lezione appresa, non abbiamo bisogno di attaccarci alla tensione mentale e all’angoscia. Per non dimenticare, non abbiamo bisogno di punire noi stessi o qualcun altro. Non abbiamo bisogno dell’amarezza per dimostrare che abbiamo subito un torto.
Analogamente, ci immaginiamo che perdonare significhi condonare il cattivo comportamento altrui.Come mi fece notare un uomo di mezza età con cui lavoravo, “non dobbiamo deporre le armi lasciando che l’altro l’abbia vinta2. Il perdono non solleva gli altri dalle loro responsabilità, ne deve necessariamente cambiare il loro comportamento.E’ uno strumento per rimuovere i blocchi del nostro cuore e per liberarci dalle grinfie del dolore passato. Il perdono è per chi perdona.
Molti sostengono che il colpevole, prima di ricevere il perdono, debba mostrare rimorso, chiedere scusa ed essere punito dalla giustizia. Questo è l’argomento di molte discussioni. Il punto debole di una simile strategia che, in alcuni casi, dovremmo aspettare molto a lungo per vedere i risultati, se mai verranno. Secondo me, il perdono non riguarda la giustizia, a meno che non si parli di una giustizia riparatrice che tenda all’equità e al risanamento delle relazioni; il perdono riguarda la liberazione dalla contrattura e dall’amarezza del nostro cuore e la riscoperta della pace interiore.
……….La nostra identificazione con le nostre sofferenze può impedirci di perdonare. Dopo aver provato il dolore così a lungo, domandiamoci se vogliamo davvero liberarcene. Il nostro risentimento, il nostro egocentrismo, il nostro considerarci solo delle vittime: tali sentimenti, nonostante siano un peso, ci diventano familiari. Pensiamo:” Questo è ciò che sento, questo è ciò che sono”. E, invece, dovremmo abbracciare quel che ci solleva dalla negatività. L’attaccamento all’idea di aver subito un torto può durare tutta la vita.
…….Il perdono non implica ne richiede una riconciliazione .
Può portare ad un certo punto ad un compromesso- come quando un bambino diventa adulto e perdona i genitori per non essere stati perfetti-, ma non è detto che porti alla riconciliazione. Quest’ultima coinvolge due persone e necessita del ristabilimento della fiducia. Quando vi riconciliate, stringete un accordo per il futuro. Ripensate a quando avete litigato con un amico o con il partner. Alla fine, entrambi avete detto:” Mi dispiace, vedo che ti ho ferito. Mi prendo la responsabilità di ciò che ho fatto. Ti amo e ti rispetto, perciò cercherò di non farlo più….”. Questa è la riconciliazione.
Non dobbiamo però dipendere dagli altri per compiere tali passi coraggiosi verso la vulnerabilità e l’amore. Talvolta gli altri non sono indispensabili; talaltra è troppo tardi, e loro se ne sono gia andati. Fortunatamente, il perdono riguarda solo una persona: voi.”
Dott.ssa Gaia Spagnoli psicologo-psicoterapeuta psicosintetico. Riceve su appuntamento. Per info corsi e terapie, anche su Skype, contattarla al numero 347/7620657.
Lascia un commento