No al Sacrificio! Questo e’ Amore…… dovrebbe essere il nuovo slogan dei nostri tempi.
Nel mio lavoro spesso incontro persone che parlano d’amore, di relazioni intime, di incontri e scontri vissuti intensamente che hanno provocato loro sofferenza e tanta delusione.
” Mi sono sacrificata così tanto per lui…. e questo è stato il ringraziamento…” alludendo al fatto che l’altro
l’ aveva lasciata senza neanche troppe spiegazioni.
” Non capisco cosa avrei potuto fare di più…. ho sacrificato anche il mio lavoro….” !… frase che implica un senso profondo di delusione mista a rabbia.
“Ho sacrificato tutta la mia vita per i figli….” detto con un alone di orgoglio che nasconde invece l’assoluta perdita di se stessi.
Oppure:” La famiglia è sacrificio!” …. come se esistesse un paradigma implicito che sostiene che più si soffre e più le cose che facciamo sono importanti.
Questi sono solo pochi esempi di affermazioni che soprattutto al femminile si sente fare in terapia quando la persona arriva ad un punto tale di sofferenza che si deve fermare, mettendo spesso in gioco la vita che improvvisamente sembra non seguire più una direzione.
C’è sempre qualcosa che stride nelle mie orecchie quando sento la parola sacrificio.
Dal latino sacrificare composto da sacrum (rito sacro) e da – fidare (dal tema tacere ossia fare), tale termine significa alla lettera “fare un rito sacro”.
L’origine dei sacrifici è possibile farla risalire già nelle società preistoriche che attribuivano a queste pratiche un valore propiziatorio e magico. Tale pratica è poi stata documentata in Grecia e a Roma. I sacrifici riguardavano sia la sfera pubblica che privata: il sacrificio veniva considerato un dono propiziatorio fatto dall’uomo agli dei, ai demoni o anche ai defunti. Molti di questi rituali religiosi sottintendevano il sacrificio di animali e di esseri umani, come vergini e bambini, oppure il dono di beni preziosi al fine di accaparrarsi la protezione e la benevolenza di questi essersi divini dai quali dipendevano le sorti delle persone. C’era come uno scambio tra l’uomo e il divino, un patto all’interno del quale l’uomo sacrificava, offriva beni materiali in cambio di una sorta di amore divino.
Ma al di là di questa cornice storica, ai giorni d’oggi l’uomo continua a dare molta importanza al principio del “sacrificare ” se stesso in nome di un amore, della famiglia, dei figli continuando ingenuamente, a mio avviso, a credere che prima o poi in cambio di questo qualcosa arrivi anche a lui. Non si pensa mai che sacrificandosi si perdono parti importanti di noi , ci snaturiamo. E quindi diventa impossibile amare veramente qualcuno se noi in prima persona non ci siamo! Amare significa dare noi stessi profondamente…. ma se ci siamo persi nel sacrificio .. cosa possiamo dare all’altro ?
Ci tengo molto a dire che andiamo avanti per fraintendimenti e aspettative; avete mai pensato alla differenza tra il sacrificarsi e il dedicarsi ?
Nell’ambito delle relazioni interpersonali questi due termini spesso si confondono.
E’ importante capire che il sacrificarsi implica sofferenza, perdita di qualcosa, spesso di se stessi mentre il dedicarsi a qualcuno o a qualcosa implica semplicemente un impegno, una costanza nel fare determinate attività, senza dover per forza rinunciare a se stessi.
Un esempio di sacrificio è l’immagine di una madre che gestisce troppe responsabilità in nome della famiglia.
Quante donne vivono in questa “trappola sociale“? Quante non si rendono conto che stanno rinunciando a se stesse? E quante ancora si accorgono di voler cambiare qualcosa ma non sanno come e cosa cambiare?
Spesso la terapia smaschera tutto questo anche se non è sempre facile diventare consapevoli di questi imbrogli mentali. Spesso le persone rimangono imbrigliati in queste dinamiche per far tacere il senso di colpa senza accorgersene…..
Un esempio di dedizione è invece una persona realizzata che riesce comunque a dare amore, attenzioni e a prendersi cura della sua famiglia.
Una persona che non rinuncia al suo percorso di crescita per amore dei figli. Una persona che nonostante sia adulta è ancora in cammino, non per i figli ma con i figli.
Una madre è una “buona madre ” anche se si dedica a se stessa, anche se non impiega il suo tempo esclusivamente al prendersi cura degli altri, anche se è in cerca di un senso di appagamento profondo di cui tutti noi abbiamo bisogno.
Nella vita esiste anche la Felicità
Vorrei per un attimo porre la vostra attenzione su un concetto fondamentale per tutti: la Felicità!
Che cos’è la Felicità? Dove si trova e quanto può durare? Si può veramente essere felici ?
Spesso le persone si interrogano su questo ma le risposte non sono mai scontate.
Per Felicità si intende una forma di esperienza soggettiva che procura benessere prolungato, non necessariamente condiviso. All’interno di questo vissuto la persona si sente bene con se stessa, è presente a se stessa e allineata a qualcosa di profondamente vero che dà un senso a tutto.
La durata di questa esperienza è soggettiva e varia da persona a persona e da situazione a situazione ma seppur brevissima ciò che lascia è una profonda sensazione di gioia, serenità e spensieratezza.
La si può trovare apparentemente ovunque ma nasce e si sviluppa soltanto dentro di noi. Tutte le forme di “apparente” Felicità vengono attribuite a fattori esterni alla persona (persone, situazioni, professioni…) ma come ho detto si tratta solo di apparenza.
Per essere felici bisogna soffrire?
Quante volte abbiamo pensato o ci è stato detto e dimostrato che per essere felici bisogna sacrificarsi? Quante volte ci siamo imbattuti in situazioni e relazioni semplici e abbiamo creduto che non fossero giuste solo perché non ci eravamo più di tanto sacrificati?
“Nella vita bisogna soffrire!” …dicevano sempre gli anziani quando raccontavano ai giovani le loro esperienze; parlando di guerra e dopoguerra, di vita nei campi e di quando non c’era la televisione. Oppure di quando non si poteva scegliere un lavoro ma si doveva prendere quello che c’era e magari non si poteva studiare perché in famiglia c’era bisogno di due braccia in più. Tutte situazioni di vita vera, di uomini e donne che hanno vissuto intensamente. Tutte verità sacrosante ma soggettive, nate da un particolare momento storico, da una coscienza collettiva diversa da quella di oggi, da una mentalità sociale e culturale ormai trasformata.
Fortunatamente una variabile importantissima si è insinuata nelle nostre coscienze negli ultimi decenni: l’idea che nella vita si possa anche provare ad essere felici! Che la felicità non è uno sfizio, ne una vergogna ma un sacrosanto diritto per tutti. Noi nasciamo con uno scopo nella vita, con una missione e questo scopo implica anche l’ essere felici .
Da questo presupposto nasce la differenza tra il sacrificio e l’amore.
Se c’è sacrificio spesso si tratta di un amore condizionato da un bisogno, da una necessita personale.
Parlando di sacrificio nelle relazioni si può constatare facilmente quanto le persone tendano a sacrificarsi per qualcuno quando hanno un estremo bisogno di quella persona. Sia che si tratti di un compagno che di un figlio, spesso tali dinamiche partono dal bisogno di essere riconosciuti, di esistere attraverso la relazione, dal senso di appagamento che si produce dal faticare per l’altro.
Naturalmente è normale operarsi per chi si ama. Tutti cerchiamo di prenderci cura delle persone a cui teniamo ma facciamo attenzione alla differenza tra il prendersi cura e il dedicarsi rispetto al sacrificarsi nel prendersi cura .
Non sto dicendo che non dobbiamo dedicare attenzioni e mettere in conto il sacrificio ad esempio per i nostri figli; ma esiste una linea sottile che ci permette di capire quando ci siamo spostati troppo dall’amore al sacrificio. E questa si riconosce quando la sensazione che proviamo è di una profonda fatica interiore, non fisica e di una perdita di interesse verso noi stessi rispetto alle nostre esigenze, alle passioni, o al prendersi cura di noi stessi.
E’ come camminare su una corda sospesa; ci possiamo riuscire solo mantenendo un equilibrio stabile, flessibile ma costante. E tale equilibrio è dato dal nostro stato di benessere interiore, un benessere che è insieme fisico, psichico e spirituale. Un benessere che non può prescindere dall’esperienza soggettiva della Felicità. Se tutto ciò è presente in noi il sacrificio prenderà la forma e i colori dell’amore e non lo percepiremo come logorante.
Quindi la formula diventa: AMORE EQUILIBRATO = ASSENZA DI SACRIFICIO
Diventiamo tutti acrobati del vuoto!
Dott.ssa gaia Spagnoli psicologo-psicositetista. Per info corsi e terapia anche su Skype contattare il numero 347/7620657
Grazie!
Grazie,dopo aver letto con molto interesse e ruconoscendomi in ciò che lei ha scritto saggiamente,mi è ora ancor di più, tutto più limpido…