La cura dell’Anima è vivere nel presente. Apparentemente sembra una frase banale e scontata ma imparare a vivere il momento presente al giorno d’oggi più che mai appare sempre più difficile.
“L’Amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui ed ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo”. Buddha, Amore nel presente.
Ho trovato questa frase in un libro che stavo leggendo……è emersa spontaneamente alla mia attenzione come un germoglio sbocciato.
L’Amore nel passato è solo memoria
Che cosa vi fa venie in mente questa frase?
Sicuramente che trattenere un amore del passato significa rimanere attaccati, identificati a qualcosa che non è più nel nostro presente. Si parla quindi di una forma di “dipendenza” da un sentimento, o da una persona, oppure da una relazione, da un bisogno insomma di amare e di essere amati che però ci impedisce di andare avanti nel nostro processo di crescita.
Ricordiamoci che in Psicosintesi affermiamo che : “Noi siamo dominati da tutto quello con cui il nostro Io si identifica e possiamo dominare, dirigere e utilizzare tutto quello da cui ci disidentifichiamo“.
Quindi potremmo affermare che noi diventiamo tutto ciò con cui il nostro Io si identifica; in questo caso diventiamo un amore che non c’è, quindi non siamo, ci identifichiamo in una relazione che non è più in atto, in un bisogno ormai impossibile da assecondare perché non più soddisfatto. E’ come vivere in un tempo che non c’è, una specie di “NON -TEMPO”.
Che tipo di reazione emotiva e atteggiamento interiore potremmo sviluppare da questo tipo di identificazione?
Solo e soltanto FRUSTRAZIONE, senso di VUOTO, ANGOSCIA di separazione e tante altre sfumature dell’angoscia che portano ad INSODDISFAZIONE nel migliore dei casi fino ad arrivare ad un mal di vivere profondo che sospende la persona, illusa di aspettare qualcosa o qualcuno che non arriverà più.
Ci sono persone che aspettano un amore perduto anche tutta la vita. E non è detto che questi amori ancora attesi siano sinonimo di buoni amori, di amori grandiosi e per questo difficili da lasciar andare. Nella maggior parte dei casi, e capita molto spesso al femminile, ciò da cui non si riesce ad uscire è un’esperienza d’amore egoistico, in cui siamo stati lasciati in modo anche brutale.
Se qualcuno di voi sta sgranando gli occhi in questo momento, incredulo, poiché ciò che sto scrivendo sembra un assurdo, vi invito a pensare a quanto l’angoscia e il dolore spesso insieme al senso di ingiustizia siano i migliori collanti per rimanere aderenti a relazioni invalidanti che rappresentano tutto tranne che l’Amore .
Livia ha 48 anni.
E’ sposata da 15 anni, ha un figlio di 10. E’ una donna integrata nella società.Venne in terapia diversi anni fa perché ossessionata ancora dal ricordo del suo primo amore, il suo fidanzato storico che l’aveva lasciata brutalmente senza neanche troppe spiegazioni dopo 6 anni di relazione. Livia manifestava gravi sintomi di ansia, attacchi di panico gestiti da psicofarmaci, unico rimedio per continuare a stento ad avere una vita più o meno normale. Da subito venne fuori questo suo viscerale attaccamento a quest’uomo, tra l’altro mai più visto se non per caso. Incontri di pochi secondi in cui lui neanche la riconosceva o faceva finta di non farlo, aumentando terribilmente in lei l’angoscia dell’abbandono. Con Livia abbiamo lavorato tantissimo sulla disidentificazione; ogni volta che la sua mente richiamava il pensiero di quell’uomo lei cadeva in uno stato di sospensione terribile, dal quale non sapeva più uscire. Attivava così comportamenti di evitamento molto forti: si chiudeva in casa, non riusciva più a guidare la macchina, piangeva disperatamente per giorni interi cadendo in uno stato di depressione e malinconia fortissimi. Il pensiero di lui la riportava in un tempo passato che non c’era più se non nella sua mente, un NON-TEMPO nel quale anche lei alla fine si perdeva, si confondeva perdendo i riferimenti della sua realtà. Identificandosi ogni volta con quella ragazza sofferente, appena lasciata, dimenticava la donna che era diventata, la famiglia che aveva e confondeva l’attaccamento patologico con quest’uomo per “vero Amore”, mettendo ogni volta in discussione la sua relazione con il marito e quello che provava per lui.
Per questo era tanto difficile lasciar andare il ricordo; Livia aveva idealizzato quella persona, l’amore che c’era stato innalzando un tempio alla sofferenza come fosse sinonimo di “vero Amore”. Vivere nel passato era significato perdersi, poiché nel passato poteva aderire solo a ricordi confusi e ad immagini di sé che nel presente non esistevano più. …. Vivere in quel NON-TEMPO significava non vivere.
L’Amore nel futuro è fantasia
Fantasia come sinonimo di aspettativa? O meglio ancora di falsa aspettativa?
Avete mai pensato che spesso accade che in una relazione si lasci passare un tempo infinito sperando che qualcosa cambi, per noi o per l’altro, che avvenga un cambiamento rispetto a qualcosa che non sta andando come vorremmo. Si creano così le famose ASPETTATIVE “veleno dell’Amore”, immagini, fantasie appunto che rappresentano tutto tranne che la realtà di quello che stiamo vivendo nel momento presente.
Stiamo male nel presente…?
Allora costruiamo scenari fantastici in cui di lì a poco staremo bene. Ci inventiamo situazioni che non ci saranno mai, sforzandoci di accontentarci ancora per un po’ fino a che proprio non saremo esausti di fronte alla schiacciante evidenza che erano solo speranze e fantasie.
Siamo abilissimi SARTI che creano abiti da principe azzurro e da principessa su persone che a mala pena rappresentano degli umili e sgangherati “ATTACCAPANNI”. Mi spiego meglio….
Che cosa intendo per “ATTACCAPANNI”?
Ricordo che mi rappresentò questa metafora un caro amico tanti anni fa parlando della figlia che aveva scelto, diciamo così, il nuovo compagno.
Rosa, la donna in questione, 40 anni, si era da poco separata dal marito, col quale aveva avuto due bambini. Aveva incontrato per caso un uomo, un medico, di cui si era innamorata perdutamente, tanto da mettere tutto in discussione e lasciare il marito. Rosa aveva un passato malconcio in amore; suo marito era stato un compagno molto arido per lei. Un egocentrico maniaco dell’ordine e del controllo, che dava per scontato che lei, giovane donna, potesse vivere della sua luce riflessa. E per un po’ di tempo era stato realmente così; lui apparentemente maturo, lei una bambina che doveva crescere….. ma questo equilibrio dopo poco cadde e Rosa iniziò a spegnersi lentamente, ormai disillusa. Si sa che quando ci si accontenta per tanto tempo delle briciole, si arriva a credere che ci possono bastare davvero e soprattutto che non possiamo meritare niente di meglio. Per cui anche Rosa si era adagiata su quella vita piatta ma sua. L’unica vita che conosceva.
Ma l’ATTACCAPANNI fece la differenza. Per attaccapanni si intende una persona che passa per caso nel punto giusto al momento giusto, per cui la nostra attenzione viene assorbita e catturata da questa presenza non tanto per le sue reali qualità interpersonali ma semplicemente perché rappresenta un buon attaccapanni, resistente, in mogano laccato, su cui noi possiamo finalmente appendere il nostro vecchio cappotto pesante.
L’attaccapanni è una persona che nel momento riesce a sostenerci, ci rispecchia perché asseconda le nostre esigenze, è qualcuno che si è accorto di noi dopo tanto tempo di trasparenza e solitudine. Ma siamo soprattutto noi a riscoprirlo di splendore e qualità proiettando qualità e caratteristiche ideali che soddisfano il nostro bisogno.
E Rosa appese il cappotto pesante; grazie all’attaccapanni riuscì finalmente a togliersi di dosso tutta la sua insoddisfazione, a gettare le macerie di un rapporto ormai castrante in cui era finita. Da quel giorno grandi sogni, grandi fantasie alimentarono la sua nuova vita, aspettative di Amore eterno con la “A” maiuscola, di un tanto agognato riconoscimento della sua persona, della sua vera natura. Ma come ogni buon attaccapanni funziona, finito il tempo fisiologico dell’illusione e della rinascita, si svela per quello che è. Finisce di sostenere e vuole essere sostenuto, si toglie la maschera del principe o della principessa e si fa vedere per quello che realmente è: una falsa aspettativa travestita di realtà. E come ogni aspettativa nata da un bisogno di lì a poco decade. Rosa si ritrovò più sola di prima, con la differenza che aveva più macerie da portarsi dietro e meno forza per tornare a sognare.
Anche la fantasia ci sospende; ci impedisce di aderire al presente e di avere una visione oggettiva delle situazioni. In campo affettivo, la maggior parte delle relazioni che viviamo sono confuse da una visione fantastica della realtà. Fantasia e aspettativa ci proiettano in un tempo futuro, distante dal qui ed ora, dalla nostra percezione presente e reale della vita. Sono una proiezione, un salto in avanti, che spesso diventa tanti passi in avanti, tante fantasie che alla fine rimangono tali nel tempo.
Il futuro diventa, in questi termini, un altro NON-TEMPO in cui le persone sostano aspettando un treno che non arriva mai. E così la vita passa, a volte senza che ce ne accorgiamo. E spesso sprechiamo un sacco di tempo ad aspettare qualcuno, qualcosa; tempo che sarebbe invece stato utile, unico per noi e per fare esperienza.
Solo qui ed ora possiamo amare veramente
Vivere nel presente significa vivere bene, in armonia con tutto ciò che ci circonda. Il tempo presente, se ci pensiamo, è l’unico tempo realmente percepibile dalla nostra coscienza e dal nostro corpo. E’ nel presente che percepiamo totalmente noi stessi, la nostra Volontà, il nostro Io. E’ nel presente che possiamo attuare delle trasformazioni a livello emozionale, sul nostro pensiero e anche sul corpo. Pensiamo ad esempio all’esercizio di disidentificazione: “Io ho un corpo, ma non sono il mio corpo…..”. Non diciamo: “Io avevo un corpo ne io avrò un corpo”, ma semplicemente ci riferiamo ad una percezione di noi nel presente. Allo stesso modo continuiamo ripetendo:”Io ho delle emozioni……Io ho dei pensieri……” sempre concentrandoci su di una percezione presente, su un TEMPO CHE C’E’.
Pensiamo anche a quanto non sia un caso che le due forme più comuni di sofferenza, la depressione e l’ansia, si fondino su due opposte modalità di percepire il tempo. Chi vive la depressione è una persona che si proietta continuamente nel passato, un passato che non esiste più ma che invalida il presente attraverso il vissuto di una sofferenza distruttiva. Chi invece vive l’ansia è una persona proiettata nel futuro, che tende costantemente ad anticipare situazioni che potrebbero diventare invalidanti. Per loro la sofferenza è rappresentata da un’ aspettativa minacciosa che vive costantemente accanto a loro, impedendoli di godere del presente.
Vivere nel presente è invece vivere con quello che c’è nel momento in cui ci siamo; che sia una relazione, che sia una vacanza, che sia semplicemente una giornata al mare, il presente si manifesta attraverso di noi continuamente. Se riusciamo a vivere serenamente quello che siamo, il tempo si ferma. Non c’è più bisogno di tornare a sospenderci in un NON-TEMPO passato ne in un NON-TEMPO futuro, poiché entrambi non esistono realmente e creano solo sospensioni e aspettative.
Imparare ad amare nel momento presente, sia noi stessi che qualcuno, significa avere una visione chiara di quello che proviamo emotivamente. Il presente non racconta favole ne ci illude; il presente ci fa vivere direttamente quello che c’è.
Vivere ed amare nel presente significa anche imparare ad avere il coraggio lasciar andare qualcosa, nel momento in cui ci accorgiamo che non è giusto per noi. Dobbiamo smetter di aspettare un cambiamento dall’esterno, dall’altro; ciò che accade quando impariamo ad essere presenti a noi stessi è che il cambiamento avviene al nostro interno, e tutto diventa una nostra responsabilità, tutto.
Vivere il presente non significa stare sempre bene; spesso il nostro presente è doloroso, minaccioso, ci mette in discussione. Ma se riusciamo a percepirci presenti a noi stessi, seppur nel momento della difficoltà, saremo sicuramente più preparati e più forti a fronteggiare tutto.
La pratica meditativa è un ottimo allenamento per stare con quello che c’è e per vivere il momento presente. Non esiste ne passato ne futuro nella meditazione, solo il QUI ED ORA.
Quotidianamente ci troviamo a sperimentare che con il corpo siamo da una parte ma con la mente siamo da un’altra, magari in un tempo passato o futuro, e così facendo perdiamo di vista quello che stiamo facendo, le persone che sono con noi, le emozioni che proviamo, confusi da questa altalena spazio-temporale. Noi siamo tra quel passato e quel futuro, in un punto di mezzo dove la nostra mente deve imparare a sostare per stare bene e vivere pienamente la vita.
Ricordiamoci sempre che l’unico tempo su cui possiamo intervenire è il presente; il passato ormai non esiste più se non nella nostra mente, il futuro ugualmente, poiché è un’ anticipazione di ciò che ancora non è accaduto.
Nonostante in Piscosintesi si lavori sulla costruzione del nostro Modello Ideale, quindi sull’investimento di qualità e talenti e immagini di sé in divenire, tutto il nostro processo di crescita parte comunque dal momento presente. Giorno dopo giorno investiamo su di noi, facciamo esperienza della vita che dona continuamente qualcosa. E quando capita che sia la gioia ad essere donata, se abbiamo imparato a godere anche solo di un attimo, la gioia arriverà dirompente dentro di noi e il suo eco si espanderà come una goccia in uno specchio d’acqua.
Quindi impariamo ad allenare la mente a stare nel presente, a divenire sempre più consapevoli, a non alimentare attaccamenti nocivi che ci sospendono in NON -TEMPI in cui non esistiamo.
Dott.ssa Gaia Spagnoli psicologo-psicoterapeuta psicosintetico. Per info corsi e terapia, anche su Skype, contattarla al numero 347/7620657.
Buonasera gentile dottoressa, la ringrazio di avere scritto questo articolo che mi ha illuminata non poco. Io per lungo tempo non ho vissuto il presente, mi sono rifugiata nel passato, in un passato ricco di esperienze devastanti; la mia fanciullezza e la mia adolescenza trafitte da mille schegge di dolore che hanno attraversato il mio corpo e la mia anima, senza far rumore.
Oggi, con l’aiuto di una psicoterapia posso dire di essere felice perché finalmente vivo il mio presente. Le scrivo perché la mia esperienza possa indurre chiunque vive ancorata al suo passato a farsi aiutare, con la certezza che non è mai troppo tardi per essere felici.