“La pazienza ci ricorda che le cose si svolgono secondo i propri ritmi. Non si può anticipare le stagioni; arriva la primavera e l’erba cresce da sola.” (Jon Kabat Zinn)
Nella vita, in generale, la pazienza è una virtù di grande sostegno.
Essere pazienti indica la capacità di gestire le situazioni della vita, da quelle più semplici a quelle più difficili e articolate. Per cui la pazienza è una virtù dinamica, energetica: sarebbe un grave errore confonderla con la pura e semplice rassegnazione, con l’essere passivi o succubi delle situazioni esterne e dei propri stati interiori, come per esempio la rabbia o la disperazione.
Se io dico per esempio “Ho avuto tanta pazienza!”, questa pazienza ha una qualità di sopportazione durante la quale però mi sono molto lamentato, perché sotto sotto non ero per niente contento di sopportare ciò che stavo vivendo.
Vediamo in questo esempio come spesso usiamo la parola pazienza senza sfruttarne invece tutta la sua portata di amore. Perché mentre l’impazienza è una fuga, è un non vedere le cose, è un non aderire alle cose, alla realtà. La pazienza è proprio un accompagnare il dipanare delle cose. E allora la pazienza è essere presenti alla situazione. Una presenza paziente.
L’impazienza e il nostro tempo
Vogliamo tutto e subito! Viviamo in un tempo in cui la gratificazione immediata è una delle icone più comuni. Abbiamo perciò disimparato l’arte di aspettare, di rimandare. Avere pazienza sembra diventato piuttosto sinonimo di “perdere tempo”. Un tempo che sembra fuggire, un tempo da far fruttare, un tempo che si rincorre in nome di non si sa più cosa. Un tempo che diventa fretta, che diventa ansia.
Quelli che crediamo solitamente essere i nostri problemi, i nostri impedimenti al vivere quotidiano quali momenti di forte agitazione, momenti di stanchezza, momenti di forte attaccamento diventano un problema allorché diventiamo spazientiti, poco pazienti nei loro confronti. Diventano un problema allorché sotto sotto pensiamo che non ci dovrebbero essere.
Facciamo un esempio: la rabbia. In alcuni momenti della giornata questa emozione può essere molto forte. La vera valenza dolorosa di questa rabbia è quella di renderci irrequieti e reattivi. Non vogliamo aspettare e diventiamo impazienti e aggressivi se ciò non accade. Cominciamo a vedere che cosa è l’impazienza. L’impazienza si manifesta con un “NO!” e se io dico “NO!” mi è molto difficile vedere veramente la realtà delle cose. Per vederla chiaramente devo dire “SI!”. Ma è un si diverso da quello che diremmo tutti i giorni, che è un ” Si, sono arrabbiato e voglio starmene arrabbiato!” che diventa un’identificazione con la rabbia stessa, un’alleanza con il nemico, un ristagnare nella rabbia.
Chi non conosce la pazienza?
Negli anni ‘70 è stato condotto un test dallo psicologo Walter Mischel, noto come “esperimento dei marshmallow o delle caramelle“. Nel test, i protagonisti sono dei bambini a cui viene offerta una caramella. I bambini sono liberi di decidere se mangiare subito la caramella o se aspettare quindici minuti così da riceverne un’altra ancora. Dal test è emerso che i bambini che non hanno saputo aspettare, una volta diventati adolescenti e successivamente adulti, risultavano insicuri, avevano difficoltà nel concentrarsi, incapaci di trovare una strategia per non agire di impulso. Coltivare la pazienza è una capacità complessa e stabile nel tempo. Trova le radici fin nell’infanzia, nel tipo di relazione che si è avuta con i propri genitori. Per cui le personalità impazienti sono certamente quelle impulsive, che reagiscono istintivamente. Queste tipologie di persone hanno sicuramente una mission nella loro vita: imparare a disciplinare i propri impulsi.
Esistono numerose ricerche che hanno dimostrato che chi è maggiormente in grado di essere paziente e quindi di rimandare la propria gratificazione, ha più probabilità di avere successo, nel raggiungere i propri obiettivi e realizzare i propri progetti, ma anche nei rapporti con gli altri. Anche i bambini più capaci di rimandare la gratificazione immediata a favore di una gratificazione maggiore ma spostata nel tempo si sono rivelati in seguito più intelligenti e più competenti e amabili nella relazione con gli altri. Questo ci dice che già da bambini si è in grado di tollerare l’incertezza e perché no, anche l’assenza. Ma non sempre i genitori sono disposti ad insegnar loro queste qualità, ad allenare la virtù della pazienza. Un allenamento che richiede tempo e … pazienza. Piuttosto è sempre più comune osservare genitori che vivono nella fretta, nei tempi stretti, nell’appagamento istantaneo dei bisogni, nella gratificazione immediata, nel “tutto e subito!”. Questo perché a volte è più facile rispondere sempre di “SI”, accontentando in questo modo i desideri più diversi dei propri figli piuttosto che gestire situazioni frustranti e disagevoli che nascono da un “No!”.
Come coltivare la pazienza
In quest’’epoca in cui stiamo diventando tutti più irrequieti e impazienti e in cui la nostra attenzione è sempre più volatile, non sarebbe male dedicarci ad allenare la pazienza.
Per far questo e quindi coltivare la virtù della pazienza è utile una pratica meditativa come la mindfulness. Il vero senso di una pratica di consapevolezza è l’entrare gradualmente in uno stato in cui si prende atto di qualsiasi cosa esiste, istante per istante, dentro di noi e fuori di noi. Si perché la pazienza è imparare a stare con le cose così come sono e con noi stessi così come siamo. Anche quando le cose e noi stessi ci risultano sgradevoli, fastidiose e sofferenti. Ma la pazienza non è alleanza con la sofferenza. La pazienza non è neanche rifiuto della sofferenza. E’ una qualità molto particolare che ha a che fare con la nostra capacità di accettare, che non vuol dire identificarsi con quella cosa o con quello stato d’animo o con quel problema, ma è l’unico modo per vederla quella cosa o quello stato d’animo o quel problema. Tutti i momenti di impazienza se andiamo a vedere sono tutti legati al sottile pensiero “Questa cosa non ci dovrebbe essere!”. La cosa che non ci dovrebbe essere è la nostra reazione negativa. C’è una sensazione spiacevole, viene l’impazienza e allora invece di reagire con il “Non mi piace!”, proviamo a dirci “Si!” che non vuol dire che “Mi piace!” ma vuol dire “Esisti e io sono incuriosito a vederti”. Cambia la prospettiva.
La pazienza è quindi imparare a stare con le cose così come sono e con noi stessi così come siamo. Con le nostre sensazioni, con le nostre emozioni, con i nostri pensieri, così come sono, senza identificarci con essi, senza perderci in essi. Anche quando sono sgradevoli, fastidiosi e fonte di sofferenza. Perché le cose sorgono e poi svaniscono. Passano. E grazie alla virtù della pazienza possiamo imparare a stare con il naturale corso delle cose, ed è da questo punto che nasce il cambiamento.
Grazie del bell’intervento. La pazienza è una delle virtù che ammiro di più, e di cui ho visto più i frutti.
Mi scusi dottoressa, io a volte perdo la pazienza. Normalmente mi ritengo paziente e anche gli altri, non lo direbbero mai che io possa essere impaziente. Ma delle volte non ce la faccio più e aborto. Faccio dei danni. Sono come eruzioni di un vulcano. Me ne pento subito, vorrei tornare a un attimo prima, ma oramai non si può. A volte ho perso la pazienza con i miei figli piccoli o con mia moglie che si lamenta perché non faccio le cose precise come mi dice di farle. Io gli dico anche che sono diverso da lei, non posso farle precise come le vuole, ma non serve, mi giudica e così perdo la pazienza. Cosa dovrei fare? Una psicoterapia può essermi utile? La psicosintesi può essere una via? Io amo mia moglie nonostante tutto, inutile dirle quanto amo i miei figli, non voglio separarmi e nel caso mia moglie lo volesse ci soffrirei, ma al di là di questo voglio imparare a gestire questi stati emotivi
La ringrazio
Salve filippo. Spesso in famiglia ci sono incomprensioni . Quello che invece e’ da valutare e’ il suo stato d’animo rispetto a quelle. Dice “ eruzioni”…. che non controlla. Sembra rabbia ! E la rabbia non fa mai bene. A tutti la psicoterapia porta maggior conoscenza di se e quindi la possibilità di modificare quegli aspetti che solitamente sono dannosi …. certo che potrebbe esserle utile.
Bellissimo articolo. Prendere atto di ciò che ci accade e di ciò che siamo, rimanere lì, in quello spazio dove a volte sentiamo emozioni come rabbia, frustrazione, tristezza, dolore eccetera, è non di rado di una difficoltà inimmaginabile… quindi in caso si tenta con la distrazione o l’ evitamento, che in alcuni casi può aiutare molto. Forse anche in questo caso la verità sta nel mezzo. Che ne pensa?