Cos’è la Psicosintesi?
La Psicosintesi nasce nei primi del ‘900 per opera di Roberto Assagioli, medico e psichiatra geniale. Nasce dal tronco della Psicoanalisi e come essa promuove l’integrazione tra mente conscia e inconscia. Dapprima si occupa di problemi psicologici ma poi estende ai campi educativo, dell’auto-formazione, dello sviluppo personale e transpersonale.
Promossa in tutto il mondo, la Psicosintesi è modello di sintesi e di integrazione dei migliori contributi di psicologia mondiale secondo il principio “è reale ciò che funziona, che ha effetto” (W. Goethe).
E’ psicologia pratica che ha l’obiettivo di aiutare la persona a costruire una nuova e più armonica personalità intorno ad un centro di coscienza e volontà. Come metodo di lavoro, la Psicosintesi è sistema di credenze autonomo ma aperto alla relazione con altre discipline scientifiche che hanno l’obiettivo di comprendere l’essere umano nella totalità delle proprie esperienze esistenziali.
L’obiettivo dello psicoterapeuta psicosintesista è aiutare la persona ad influenzare stabilmente il proprio assetto psicologico in modo che le scelte di vita possano essere in risonanza con i bisogni e i desideri più veri.
“Psicosintesi per coloro che vogliono diventare signori del loro mondo interiore” (Roberto Assagioli) e Psicosintesi come “sistema aperto di strumenti pratici per la trasformazione della psiche” (Piero Ferrucci). Psicosintesi, dunque, per conoscere, possedere e trasformare se stessi (Roberto Assagioli), poiché anche la psiche ha bisogno di essere tenuta pulita e in ordine.
Eros e quotidianità: una sfida?
L’esercizio della professione di psicoterapeuta mi permette di conoscere in presa diretta le credenze delle persone circa le varie tematiche della vita. Parlando di sessualità, mi è capitato molto spesso di ascoltare racconti di relazioni di coppia che nel tempo sperimentano il calo del desiderio sessuale come qualcosa di inevitabile, come se dopo 10/20 anni di coppia fissa la morte dell’eros (o qualcosa di simile) fosse un fenomeno del tutto normale.
Molto spesso la sessualità viene inizialmente ritualizzata e poi resa meno frequente a seguito di alibi di vario genere: coppie troppo occupate da impegni quotidiani, troppo stressate dalle richieste dell’ambiente e dall’educazione dei figli o troppo stanche per dedicare tempo ed energie all’intimità e alla sessualità. In alcuni casi si assiste al tentativo (spesso maldestro) di sublimare totalmente l’attività sessuale in affetto fraterno o qualcosa del genere: molte coppie, infatti, dichiarano di amarsi nonostante una sessualità rara o del tutto assente.
I media informano spesso con grande superficialità circa questo tema. Anche gli esperti delle relazioni interpersonali tendono a fornire dati spesso contrastanti. E così, per esempio, possiamo trovare in rete un articolo che valorizza “il tradimento terapeutico” come strumento per dinamizzare la sessualità nella coppia e qualcuno finisce per crederci davvero e accettare in consiglio, per poi accorgersi che la situazione è pure peggiorata a causa del senso di colpa per aver tradito la persona amata!
Soluzioni a buon mercato? No, grazie!
I manuali sulle relazioni di coppia che prendono in considerazioni anche gli aspetti della sessualità che possono essere acquistati possono certamente aiutare ad aprire nuovi orizzonti, ma spesso manca il tempo da dedicargli, senza considerare il tempo che andrebbe dedicato alla selezione dei contributi migliori. Occorre anche ricordare che in mancanza di un adeguato equilibrio tra i piani corporeo, emotivo e mentale, è alto il rischio di fare ancora più confusione.
La terapia di coppia è lo spazio-tempo più adeguato nel quale ritrovare se stessi e la coppia. Attraverso questo strumento è possibile confrontarsi su ciò che funziona e su ciò che può essere migliorato beneficiando delle presenza di un esperto che può aiutare i membri della coppia a vedere gli aspetti poco chiari (o inconsci) che caratterizzano la relazione di coppia stessa.
Molta attenzione dovrebbe essere dedicata alla scelta del professionista, che dovrebbe soddisfare le esigenze di entrambi i membri: si tratta di un lavoro molto delicato, all’interno del quale entrambi i membri dovrebbero sentirsi sufficientemente bene.
Un’altra possibilità è lavorare sulla coppia lavorando con la psiche di uno solo dei due membri con l’obiettivo di generare influenze sulla psiche dell’altro anche in sua assenza: vi è infatti un dialogo inconscio e istantaneo tra i membri della coppia.
Amore o dipendenza affettiva?
Uno degli aspetti più problematici all’interno della coppia è la dipendenza affettiva, che è sempre segno di personalità che necessitano di incrementare il loro livello di consapevolezza e di individuazione. Nella dipendenza affettiva l’altro deve diventare il mio fornitore assoluto di felicità e soddisfare tutti i miei bisogni emotivi, oltre che curare le ferite delle esperienze passate.
La dipendenza affettiva è in genere associata con l’isolamento sociale della coppia: è concepibile solo la vicinanza che rassicura, ma nello stesso tempo uccide l’eros. I dipendenti emotivi percepiscono le relazioni sociali come minacce al mantenimento della coppia: la coppia vive nel malessere e l’altro (o l’altra) potrebbe incontrare un nuovo potenziale partner da frequentare e sognare (J. Hillman: “si smette di amarsi non perché si smette di volersi bene, ma perché si smette di sognarsi”).
Dott. Alessandro Gambugiati
psicologo psicoterapeuta docente scrittore
Firenze, via delle Torri 34/c
Prato, viale della Repubblica 153
3285390990 www.alessandrogambugiati.net
Sono 13 anni che sono fidanzata, oggi ne ho 26, e oramai è molto che “eros” non è più nella mia relazione di coppia. sempre se coppia può chiamarsi. viviamo entrambi con le nostre famiglie e ci vediamo ogni tanto, una volta a settimana più o meno. sento che forse non è più il caso di chiamarlo amore. litighiamo spesso. i momenti di calma e serenità sono pochi. ogni volta che proviamo a lasciarci poi finisce che ci rimettiamo insieme, ma oramai non facciamo quasi più l’amore. non so cosa fare. lo lascio o non lo lascio? io senza di lui non so come fare, con lui non ci voglio stare. mi aiuti. grazie
Gentile Donatella. Grazie per avermi contattato. Dopo 13 anni è ovvio che si sono formate almeno 2 subpersonalità di relazione con il suo fidanzato: una che lo ama e una che non ne può più.. In questi casi le opzioni migliori sono: 1) la terapia di coppia; 2) se lui non ci vuole venire, la terapia individuale: il suo percorso personale influenzerà positivamente anche l’inconscio del suo fidanzato. Per funzionare bene, una coppia ha bisogno dei suoi momenti di crisi: con l’equipaggiamento relazionale ordinario non è possibile affrontare questi momenti con la necessaria serenità. Un lavoro psicologico ben condotto le potrà essere molto utile per uscire da questo limbo di infelicità. Grazie. Buone cose, dott. A. Gambugiati