In epoca moderna l’animo molteplice è teorizzato per la prima volta nei primi del ‘900 da Roberto Assagioli, medico e psichiatra geniale fondatore del metodo psicosintetico. Dalla concezione molteplice della psiche egli passerà in seguito alla teoria delle subpersonalità, che diverrà uno dei 3 pilastri della Psicosintesi Terapeutica.
Cos’è la Psicosintesi Terapeutica?
La nascita della Psicosintesi può essere datata nel 1926 quando viene fondato da Roberto Assagioli l’Istituto di Psicosintesi, ente morale che ha l’obiettivo di divulgare il metodo psicosintetico nel mondo.
La Psicosintesi ha origine dal tronco della Psicoanalisi e come essa promuove l’integrazione tra conscio (coscienza) e inconscio (contenuti della psiche che non sono ancora pervenuti alla coscienza). Dapprima si occupa di problemi psichici e poi estende ai campi educativo, dell’autoformazione, dello sviluppo personale e transpersonale (o spirituale) in quanto tensione verso la comprensione dell’essere umano nella totalità della proprie esperienze esistenziali.
In Psicosintesi Terapeutica “è reale ciò che funziona, che ha effetto” (Goethe). Si tratta pertanto di un modello per sua natura estremamente inclusivo, che ha nel suo DNA la tendenza all’integrazione dei migliori contributi della psicologia presenti sul pianeta. Una tra le definizioni che preferisco è “Psicosintesi come sistema aperto di strumenti pratici per la trasformazione della psiche” (Piero Ferrucci).
Quali sono i vantaggi della concezione multi personale della psiche umana?
Ordinariamente crediamo di “essere una personalità” che nella peggiore delle ipotesi va in contraddizione con se stessa. Dal punto di vista psicosintetico la contraddizione è invece inevitabile, almeno finché non si è raggiunto un livello sufficientemente buono di armonizzazione della personalità intorno ad un centro di coscienza che deve diventare capace di gestire le molteplicità dinamiche della psiche.
Già Freud si era reso conto della necessità della psiche di osservare se stessa: il concetto di “nevrosi” consiste essenzialmente nel conflitto tra 2 o più parti, contrasto che può influenzare negativamente il funzionamento della personalità nel suo insieme. Una delle domande che potrebbero scaturire da questa riflessione è “chi osserva chi?”, domanda alla quale la Psicosintesi cerca di risponde proponendo una rappresentazione della parte conscia come centro di coscienza chiamato a governare le parti che il soggetto ha iniziato a strutturare fin dalla sua nascita mediante la relazione con l’ambiente.
Le conferme scientifiche più importanti hanno origine dalle ricerche sulle personalità multiple e più in particolare nel disturbo patologico chiamato “Sindrome di personalità multipla (SPM)”, una patologia piuttosto grave che si manifesta attraverso veri e propri black out cognitivi: il soggetto con SPM si identifica di volta in volta con subpersonalità diverse senza poter mantenere la coscienza tra i vari personaggi che incarna. Il risultato è un vero disastro: ogni personalità ignora l’esistenza delle altre e il soggetto finisce per sperimentare un livello talmente alto di confusione e disorientamento da produrre gravi danni sia nelle relazioni sociali che in quelle lavorative.
Nella prospettiva psicosintetica siamo dunque un po’ tutti SPM, con la differenza che, potendo osservare le varie parti alternarsi tra loro, possiamo limitare i danni che altrimenti subiremmo in mancanza di questa consapevolezza. Il problema è che ordinariamente siamo condizionati a ignorare questa molteplicità e questo produce nelle nostre vite gravi danni in termini di tempo ed energie sprecate inutilmente.
Con la definizione “subpersonalità come personificazioni che vivono dentro di noi spesso in conflitto tra loro per stabilire chi comanda” Assagioli sembra ammiccare alla sfera del potere nel senso di “potere di se stessi su se stessi” (relazione dell’Io con le sue parti). In questa prospettiva l’Io può essere pensato come il presidente del consiglio, come l’amministratore di un condominio o con la metafora ben più edificante di Re Artù che dice l’ultima parola dopo che ha ascoltato il parere di tutti cavalieri della tavola rotonda.
Utilizzando invece la metafora informatica, possiamo pensare le subpersonalità come programmi che l’Io installa per mezzo della relazione con l’ambiente interno ed esterno al corpo (incluse le influenze di variabili quali l’albero genealogico, gli archetipi e la genetica).
La celebre frase di Assagioli “siamo dominati da tutto ciò con cui il nostro Io si identifica. Possiamo dominare, dirigere e utilizzare tutto ciò da cui ci disidentifichiamo” ci aiuta ulteriormente a comprendere la portata del lavoro sull’animo molteplice: senza di esso si va spesso in confusione, con il rischio di prendere una parte per il tutto. Con il lavoro sulle subpersonalità possiamo dunque fare ordine nella nostra psiche e di conseguenza nella nostra vita.
Aspetti fondamentali subpersonalità
Riportiamo di seguito solo alcuni degli aspetti fondamentali connessi con la teoria delle subpersonalità:
- BISOGNI VITALI: ogni subpersonalità incarna bisogni vitali che devono essere soddisfatti. Se represse, le subpersonalità divengono sempre più aggressive. Cercare di eliminarle è una tra le strategie più sbagliate.
- FUNZIONE FILTRO: ogni subpersonalità ci permette di percepire solo gli elementi con essa compatibili.
- CAMPI MAGNETICI: ogni subpersonalità possiede una carica elettromagnetica come ogni cosa presente nell’universo (metafora energetica). Tutto ciò che facciamo nel quotidiano carica e scarica detto campo elettromagnetico, determinando attrazioni e repulsioni.
- ALBERO GENEALOGICO: subpersonalità come cadeau che scendono giù dagli alberi genealogici nei termini di subpersonalità potenziali e potenzianti.
Tipologie di subpersonalità
William James, uno dei pionieri della psicologia moderna, affermava che “un uomo ha tanti Io sociali quanto sono gli individui che lo conoscono e che portano l’immagine di lui nella mente”. Egli distingueva in 1) io filiale; 2) io coniugale; 3) io paterno/materno; 4) io sociale; 5) io professionale; 6) io di casta; 7) io nazionale. Assagioli affermava invece che “un uomo ha tanti Io quanti sono i gruppi di persone della cui opinione egli si preoccupa”.
Dal punto di vista psicosintetico è possibile trovare i nomi di nuove subpersonalità un poco ovunque: nei tipi psicologici delle varie correnti psicologiche, nella psicopatologia (DSM), nel mondo dello spettacolo, della politica, ecc. Ogni possibile subpersonalità tende a farsi metafora di se stessa e ad esprimere i suoi programmi automatici indipendentemente e spesso contro la nostra stessa volontà!
Alcuni esempi di tipologie di subpersonalità opposte: a) consce vs. inconsce; b) sociali vs. professionali; c) ereditate vs. create volontariamente; d) socialmente desiderabili vs. rinnegate; ecc. Alcuni esempi di subpersonalità che si possono incontrare sono: il perfezionista, l’abitudinario, il collezionista, la vittima, il ribelle, il giudicante. Se le cose vanno male, si può parlare di “falso sé” o di “io di sopravvivenza” come di una subpersonalità che il soggetto installa nella sua psiche fin dalle prime fasi della sua vita come risposta ad un ambiente che gli comunica i bisogni e i desideri che egli deve avere.
Che fare?
La prima cosa da fare è cercare di conoscere le principali subpersonalità presenti nella propria psiche attraverso un lavoro analitico e sintetico a partire dalla posizione di “osservatore interno”. Dal punto di vista psicosintetico questa posizione dell’Io è raggiungibile soltanto ad un certo grado del processo di disidentificazione e auto-identificazione (2° pilastro della Psicosintesi), altrimenti a volere (3° pilastro della Psicosintesi) non è l’Io ma la subpersonalità all’interno della quale l’Io è stato fagocitato. Dal punto di vista psicosintetico, infatti, è possibile parlare di autoformazione soltanto dopo che la coscienza ha acquisito gli strumenti per distinguere tra “quello che è” (un centro di coscienza) e “quello che ha” (es. un corredo di subpersonalità).
Quando si è passati dall’essere usati dalle subpersonalità per i loro scopi inconsci ad una fase di maggiore consapevolezza, è possibile passare alla fase successiva di accettazione delle parti meno desiderabili allo scopo di stabilire un contatto e aprire una negoziazione che possa condurre il soggetto all’armonizzazione delle parti con il progetto evolutivo presente nella psiche profonda, presupposto primo per la sperimentazione della gioia autentica.
Dott. Alessandro Gambugiati
psicologo psicoterapeuta docente scrittore
Firenze, via delle Torri 34/c
Prato, viale della Repubblica 153
3285390990 www.alessandrogambugiati.net
interessante articolo. dove trovo questa frase di Assagioli: “siamo dominati da tutto ciò con cui il nostro Io si identifica. Possiamo dominare, dirigere e utilizzare tutto ciò da cui ci disidentifichiamo” ? in che libro? grazie anticipatamente
Gentile Teresa. Grazie per avermi contattato. Si tratta di una delle frasi maggiormente citate da me e dai colleghi psicosintetisti. Può trovare la frase nel testo “Principi e metodi della psicosintesi terapeutica” di Roberto Assagioli (pag. 28, Astrolabio, 1973). Grazie. Saluti, dott. A. Gambugiati
Gentile Dottore, volevo fare una domanda, un chiarimento. io a volte penso che dentro di me ci sono più voci, sento uno che mi dice fai questo e un’altra voce che mi dice non lo fare. a volte mi trovo combattuto. all’inizio pensavo di essere pazzo. ma lei dice che invece è normale. giusto? cosa devo fare per non impazzire allora? grazie se mi risponderà
Giulio
Gentilissimo Giulio. Grazie per avermi contattato. Il fatto che lei percepisca voci che le propongono di fare e non fare una certa cosa è perfettamente normale dal punto di vista dell’animo molteplice teorizzato da Roberto Assagioli nel 1926. Molte persone, proprio come lei, vivono il fenomeno con grande angoscia perché nella nostra cultura “sentire le voci” è associato a “follia”. In realtà udire le voci può essere di grande utilità, specialmente se si è equipaggiati degli strumenti psicologici adeguati. Le consiglio pertanto di intraprendere un percorso terapeutico adeguato, possibilmente con uno psicoterapeuta specialista in Psicosintesi Terapeutica (http://www.scuolapsicosintesi.com/sipt/psicologi-psicoterapeuti/). Per ulteriori informazioni e per fissare un appuntamento su Firenze, Prato e su Skype mi può contattare al 3285390990. Grazie. Saluti, dott. A. Gambugiati
ma che differenza c’è allora con la schizofrenia? perchè le spiego, a volte sono proprio angosciato da queste voci, è come se si fanno una battaglia, e a volte ho paura di fare qualcosa di sbagliato. ho letto che sentire le voci è un sintomo di schizofrenia. ma le mie voci sono mie, le sento come un dialogo tra me e me, sento che sono sempre io, però ogni tanto mi sorprendo che mi trovo a chiacchierare con me, proprio come se ci fossero due personaggi dentro di me. sono schizofrenico? mi aiuti per piacere. grazie
Bellissimo articolo! Trovo questa frase illuminante.
Dal punto di vista psicosintetico, infatti, è possibile parlare di autoformazione soltanto dopo che la coscienza ha acquisito gli strumenti per distinguere tra “quello che è” (un centro di coscienza) e “quello che ha” (es. un corredo di subpersonalità).
Grazie per condividere tutto ciò. Questo argomento è così affascinante e potente ma al contempo semplice.