Nella quotidianità ciascuno gioca il ruolo di lavoratore o di genitore o di figlio, fratello, amico, coniuge, convivente. Talora si vestono i panni della persona pubblica per poi ritrovarsi ad essere una persona completamente diversa nella scampagnata con amici o con l’amante.
Possiamo dunque affermare che ogni personalità è caratterizzata da complessi affettivi, ideativi e comportamentali alquanto stabili e relativamente autonomi, da identità parziali diverse che si alternano. Tanti sono i ruoli che rivestiamo.
L’Io e le subpersonalità
Spesso ci meravigliamo o altre persone attorno a noi si stupiscono quando ci manifestiamo con modalità diverse a seconda dei contesti e delle situazioni.
Questa constatazione è una conferma della ricchezza insita in ogni essere umano, ma ci pone anche il quesito amletico: “allora chi siamo”?
E’ proprio attraverso la consapevolezza delle nostre “subpersonalità” che riusciamo a sperimentare l’IO o SE’, il centro del nostro essere, coordinatore ed unificatore di tutte le sub-personalità che rimane stabile e presente nel tempo. Potremmo definire l’IO il nostro direttore d’orchestra.
E’ l’IO che riconosce, organizza ed armonizza le varie parti.
Diventare consapevoli delle nostre ambivalenze è una azione coraggiosa, che spesso preferiamo evitare, pagando piuttosto con la sofferenza di un sintomo e di una auto-realizzazione mancata. Spesso una delle nostre polarità viene negata per evitare all’Io una ferita narcisistica e a questo scopo entrano in azione meccanismi di difesa di vario tipo, che tendono a potenziare, enfatizzandola, l’altra polarità. Ad esempio, la sub-personalità del ribelle diventa tanto più attiva quanto più tende a difendersi da quella del succube, o il rigido accentua la sua rigidità quanto più teme di dover ammettere il suo bisogno di libertà, come il tiranno rincara il suo dispotismo quanto più è angosciato dall’idea di doversi riconoscere vittima, o il puritano accentua il suo moralismo per non riconoscere le pulsioni trasgressive che porta in sè.
Alla stessa maniera il processo di estroversione viene potenziato con un iperattivismo spinto per paura del momento di introversione, in cui siamo costretti a confrontarci con aspetti negati di noi, mentre un intellettualismo rigido diventa difesa nei confronti di un’apertura al mondo emotivo, che appare sempre destabilizzante.
Riprendendo il modello psicosintetico, possiamo affermare che l’IO prima di tutto guarda. Guardare però non è ancora accettare. E’ necessario ridare vita ad ogni sub-personalità ripercorrendone la storia per diventare consapevoli delle paure e dei bisogni da cui era sostenuta, traducendola poi in un’immagine che ce la rappresenti e in una postura corporea che la evidenzi.
Solo ciò che viene riconosciuto ed accettato può essere integrato; la negazione per contro (alimentata da un atteggiamento superegoico o reattivo) c’inchioda in uno stato di controllo.
Potremmo meravigliarci nello scoprire che le nostre parti sommerse o negate hanno molte ricchezze da offrirci ed accettarle significa anche permetterle di esprimere il meglio di sé, come il bruco che, solo accettando di essere bruco, può trasformarsi in farfalla.
Per riuscire ad impadronirci delle nostre sub-personalità è utile la tecnica del “come se”, cioè dell’immaginarsi in una circostanza specifica e di agire “come se” si fosse un altro, “come se” si possedessero certe caratteristiche, “come se” si provassero certe sensazioni.
Ci si può immaginare ed identificare con aspetti specifici di sé, quali il bambino, l’animale, il clown, il genitore, la persona seria ecc..
Tutto va riconosciuto ed integrato: l’armonia stessa è frutto del permanente conflitto fra ordine e disordine.
Iniziamo oggi questo cammino di ricerca ed esplorazione di noi stessi, è un viaggio affascinante che ci permetterà di sperimentare la ricchezza ed unicità del nostro essere.
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